Chieti, l’antica processione del Venerdì Santo

Chieti, l’antica processione del Venerdì Santo
di Roberta Tinarelli
Il video-racconto della processione

1177 anni di storia

La processione del Venerdì Santo di Chieti è una delle più antiche d’Italia. Sembra infatti risalire all’842, quando la Cattedrale di San Giustino fu ricostruita dopo la distruzione per mano di re Pipino. Il nucleo antico costituisce la cripta dell’attuale cattedrale – una chiesa nella chiesa – da cui si snoda il lungo corteo che ogni anno rievoca la morte di Gesù Cristo.

Le prime attestazioni certe risalgono al XVI secolo, con la nascita dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti che da oltre quattrocento anni si occupa dell’organizzazione dell’evento. La celebrazione teatina divenne famosa già nel 1650, quando un gruppo di 1100 pellegrini la “esportò” a Roma sfilando sotto gli occhi estasiati di Papa Innocenzo X. Il pontefice rimase così impressionato che chiese addirittura “il bis”, decretando il successo di un rituale entrato nella storia.

Elemento caratteristico della processione del Venerdì Santo di Chieti è l’esecuzione del Miserere di Saverio Selecchy, composto nel 1740 e dal forte impatto emotivo. Il rito è rimasto sostanzialmente invariato dalla metà dell’Ottocento, quando furono inseriti i simboli della Passione e lo svolgimento spostato dal mattino alla sera grazie all’illuminazione a gas.

Dalle antiche origini a oggi, la processione del Venerdì Santo è andata in scena ogni singolo anno, senza mai saltare una Pasqua, nemmeno nel 1944 quando le confraternite sfidarono il divieto nazista pur di celebrare l’evento religioso.

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L’importanza dei simboli, la potenza della musica

La processione di Cheti oltre a vantare origini molto antiche è anche fra le più suggestive d’Italia, capace di affascinare anche i non credenti.

Al termine della messa in San Giustino, dalla cripta escono i membri delle confraternite con l’abito tradizionale e il caratteristico cappuccio che cela completamente il viso, eccetto gli occhi. Ognuna delle tredici confraternite indossa una mantellina – la mozzetta – di colore diverso e reca il proprio stendardo, oltre a trasportare i fanali e i simboli della Passione.

Il chiacchiericcio della piazza si placa man mano che gli incappucciati iniziano a sfilare, culminando in un profondo e reverenziale silenzio all’uscita del coro di 160 voci preceduto dall’orchestra di 200 elementi. La scalinata della cattedrale si trasforma in un palcoscenico e il Miserere di Selecchy si leva solenne al cielo, riempiendo l’intera piazza di un’emozione vibrante e intensa. Il coro accompagna la processione durante tutto il tragitto, eseguendo in maniera impeccabile le stesse note per oltre due ore.

Con l’avanzare del corteo funebre le serrande dei negozi si abbassano mentre le fiamme dei tripodi danzano al passaggio dei simboli della Passione, opera di Raffaele Del Ponte. Dopo l’angelo, le lance, la colonna, il sasso, il volto santo, la scala e la croce è il turno dei due simboli più importanti: il catafalco settecentesco col Cristo morto e la Madonna Addolorata.

La statua della Vergine risale al 1910 ed è forse quella più commovente. Avvolta nel velo nero trapunto d’oro, l’opera esprime tutto il dolore di una madre per la morte del proprio figlio, enfatizzato dalla mano protesa che stringe un fazzoletto intriso di lacrime. Alla moglie del governatore dell’Arciconfraternita è affidata la vestizione dell’Addolorata che avviene il mercoledì santo, puntuale e impeccabile come da tradizione.


Per approfondire:

Poesia “Vinirdì Ssante”

Miserere di Selecchy

Cattedrale di San Giustino
Gli incappucciati delle confraternite
Gli incappucciati delle confraternite
Gli incappucciati delle confraternite
Simboli della Passione: le lance
Simboli della Passione: la scala
Incappucciato con in mano il fanale
La Madonna Addolorata
La lunga processione: l’Arcivescovo di Chieti-Vasto
La lunga processione: il coro

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